Agogna … in transumanza

Briga Novarese-20140323-00235

Quattro persone seminude si trovano dentro una legnaia, a fianco di una cascina a Pisogno. Quattro uomini che cercano di vestirsi in fretta: uno sta sopra dei tappetini monopiede, un altro sopra il coperchio trasparente di una scatola ikea, il terzo su un mezzo tronco, il sottoscritto con i piedi nudi nel fango. Fuori piove e dentro la legnaia piovono goccioloni sulla fronte e sul collo. Sono le 11 passate del 23 marzo e fa un freddo cane a Pisogno. Ci sono 4° gradi, i 4 nella legnaia e i 2 chiusi in auto si stanno preparando per scendere questo fiume che all’imbarco sembra poco più di una roggetta ma promette bene. Anselmo ha i guantini ed è molto invidiato, Albert sembra aver dimenticato qualche pezzo, forse le scarpe, Alberto e Battista si preparano in modo rituale, Gianluca avrebbe voluto dei pantaloni più pesanti. Io ho delle braghe usate ma di marca, maglie tecniche per ora asciutte, la meglio giacca del club con collo e polsini a brandelli, ma soprattutto le sunny ai piedi. Insomma una di quella giornate che se te ne stavi a casa era meglio. Una domenica di pioggia, freddo e vento. Ma eravamo lì, chi per passione, chi per imparare, chi per fare un nuovo fiume, chi perché si era guadagnato un bonus di libera uscita dalla famiglia, non convertibile.

Dunque siamo a Pisogno, frazione di Miasino (NO) dopo il solito ritrovo delle 9,30 con partenza alle 10 passate dal ktt per l’attesa di chi doveva esserci e non è arrivato, ma non si sa chi era, con qualche dubbio sulla destinazione, ma poi si conferma l’Agogna. L’Agogna se c’è acqua, perché si fa solo dopo la pioggia e quella di sabato e di oggi potrebbe non bastare.

Salendo verso l’Alto Vergante, Alberto, esperto dell’Agogna e di molti altri fiumi (ho un ricordo ancora vivo del Tresa, vedi report “Tresa con sorpresa”), cerca di capire guardando il riempimento di un canalino lungo la statale. Solo giunti ad Ameno, l’acqua che passa sotto un ponte  sfiora un basamento e ci conferma che si può fare. Intanto, piove già forte e fallisce un tentativo di pisciare controvento.

Nell’attesa di chi ha portato l’auto allo sbarco, corro con le mie sunny nel campo fradicio e fresco di concime per scaldarmi. Anche Gianluca corre e agita in aria le braccia. Poi ci imbarchiamo perché in acqua fa meno freddo che sul prato, mezzo grado di più e poi almeno ci muoviamo facendo traghetti nei 3,5 metri tra una sponda e l’altra con 20 cm di acqua.

L’ambiente non è niente male, pratoni e boschi tra queste colline del versante ovest del Mottarone. Ottime zone per una scampagnata, soprattutto quando fa 20° e si è asciutti.

Ora, se cercate una descrizione utile dell’Agogna andate su cki, perché quella che segue non sarà molto dettagliata. Ho disceso l’Agogna in transumanza.
La fortuna vuole che con Anselmo, Alberto, Battista e Gianluca, io e Albert abbiamo due guide a testa e la cosa è parecchio rassicurante. La sfortuna è che i gerontopaddlers, si sa, si divertono da morire a portare quelli alle prime armi in fiume. I geronts poi tendono a bisbigliare tra di loro cose del tipo “bisogna fare attenzione alla putrella in mezzo al fiume, fermarsi in anticipo per evitare che loro (io e Albert) si schiantino venendo giù a mille”, “glielo diciamo o no della rapida …  mmm non saprei … se poi quelli (Albert o e … io!) fanno un bagno con questo freddo?”.

Partono  i pastori e dietri i pecoroni. Mi piace subito questo Agogna, è strettino con tante curve, un sacco di passaggini, roccette, rami e arbusti da schivare. C’è poca acqua e un bel po’ di massi sono fuori a bussare sotto le pance. Mi stupisco di come riesco a seguire le linee, divertente lo slalom dentro questo fiume “ottimo come campo scuola, tecnico e non pericoloso” (cit. Battista). Solo ci sto’ dando troppo dentro, con poco allenamento alle spalle e non so per quanto ne avrò ancora. Ecco la capacità di gestire le energie è una delle differenze fondamentali tra chi ci sa fare e chi no, i primi fanno solo movimenti indispensabili dando il colpo giusto al momento giusto, i secondi si agitano ad ogni schiumetta come se fosse il rapidone finale prima dello sbarco.

L’Agogna è lunghissimo, 140km di torrente che nasce dal Mottarone e finisce nel Po. Conoscendo i nostri pastori, non è escluso che la transumanza termini in notturna

Un po’ perché piove e ci vedo poco, un po’ perché sono concentrato a seguire le linee di chi mi precede, un po’ perché non mi ricordo, eccovi giusto alcuni passaggi interessanti e bastardi. Bastardi non perché siano tecnicamente difficili (per un pro, si intende), ma perché quei bastardi dei geronts non ci hanno detto tutto, solo bisbigliato qualcosa. Andiamo con ordine. Giungiamo alla putrella senza colpo ferire e tutti trasbordiamo perché c’è un caos di rami, poca acqua e appunto delle traversine a mo’ di pettine. A questo punto Anselmo mi dice, ora passata la putrella ti puoi rilassare. 5 secondi dopo faccio il bagno praticamente da fermo. Non un vero bagno, diciamo che sono sceso dalla canoa in quanto in 30 cm non riesci a fare il bagno. Porcaccia la miseriaccia, questa volta mi ero imposto di non tuffarmi, ma niente da fare, è bastato distarsi un attimo e via di sbilanciamento. Pucciato per bene dentro l’acqua di questo fiume di campagna con 6° fuori (forse + 2° rispetto alla partenza). La motivazione poteva abbandonarmi e invece no. Riprendo la concentrazione e di nuovo slalom, controroccia, sottorami e incravvattamenti. Io ed Albert ci sfidiamo a chi ne fa di più, provando varie tecniche maldestre per uscirne. Battista mosso a compassione ci fa vedere come uscirne. Inutilmente, perché andiamo avanti ancora un po’ a traversarci sui massi affioranti.

Ora, una cosa forse ho capito, quando l’acqua rallenta, si appiattisce e si allarga probabilmente il fiume ti sta comunicando qualcosa. Eccoli infatti i 4 berger là avanti, in apparente calma piatta sul bordo di qualcosa. Io e Albert 30 m dietro con due giga interrogativi sopra il casco. Mi sembra di percepire un quasi scuotimento di testa di Alberto che interpreto con “qui si trasborda” e un po’ mi rilasso. E invece no, subito partono Gianluca, Battista e Anselmo e scompaiono sotto. Si, ma sotto dove? Eravamo distanti per capire. Vieni qui, con inequivocabile cenno di braccio e guardando proprio me. Allora parto e scivolo giù come un bimbo al parco giochi. Bello,bellissimo e neppure mi rovescio alla fine!! Arriva anche Albert e, gagliardi e ricompattati, si prosegue per questo bel fiume che non finisce mai. Sono a pezzi, ma resisto. La pioggia sembra cessata, un cavallo libero al galoppo appare sopra l’argine, tre pennuti acquatici ci precedono, vedo un airone da lungo collo a esse sorvolare sopra le cime degli alberi. A tratti c’è calma, poi di nuovo curve e rapidelle. Ecco dei falò sull’argine sinistro, alcuni locals stanno bruciando delle fascine e ci guardano dall’alto verso il basso mentre scivoliamo via piano, in mano hanno roncole e bastoni, lo sguardo è scuro. Gianluca accenna una battuta , “due salamelle, no?”, nessuna risposta, acceleriamo. Ora è Anselmo che si ferma sul bordo di qualcos’altro. C’è un palo di segnalazione bianco e rosso a destra. Il cenno di vieni avanti e pagaia non lascia spazio ad esitazioni. Giustifico l’azione che segue come totale fiducia o incapacità di intendere e volere: arrivo a quel bordo, questa volta non è uno scivolo, c’è il vuoto, pendenza verticale, la punta va giù e si infila in acqua e poi esce come un u-47 in emersione rapida. I geronts sghignazzano soddisfatti e si beccano un affettuoso “bastardi”. Bello, figo, fighissimo il salto: ben 2,5 m che sembravano 25.
Bello finalmente anche lo sbarco appena dopo il ponte di Bolzano Novarese, dopo 3 ore e mezza di discesa malcalcolati, stanco e felice. Ha smesso di piovere, ma siamo zuppi e lo spogliarello sulla strada è un atto davvero estremo.

Noi, che restiamo sulla strada ad aspettare il recupero, tentiamo di accedere al maneggio dall’altra parte della strada, per cercare un po’ di ristoro, ma tre grossi cani ci fanno capire che nono siamo i “benvenuti”.

Torniamo mesti alle nostre barche infangate, buttate in mezzo al sentiero. Quattro asini, decine di pecore e capre stanno scendendo proprio in quel momento giù dalla strada di Ameno, con umani e cani alla guida. Il gregge si blocca e gli umani ci chiedono con un grugnito di mettere ordine ai  nostri kayak per facilitare il passaggio.
Mentre sposto la mia sulla strada, osservo quelle bestie un po’ intimorite, disciplinatamente raggruppate, ferme in attesa di affrontare il passaggio, al cenno dei loro pastori.

 

by Frank

 

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